L’estrusione è di gran lunga il più importante e più antico metodo di lavorazione e formatura di materiale plastico. Questo processo riguarda quasi tutti i polimeri termoplastici sintetici (polipropilene, polietilene, policarbonato, polistirene, polimetilmetacrilato, ecc.), ma è ampiamente diffuso anche nella lavorazione di elastomeri, polimeri tecnici e materiali compositi per i più svariati campi applicativi, quali packaging, processamento materiale plastico “vergine” e riciclato, edilizia, settore automobilistico e aerospaziale. Grazie ai continui sviluppi tecnologici nel campo dell’estrusione, la gamma di prodotti processabili include, oltre ai tradizionali granuli di materiale polimerico (pellets), polveri metalliche e di natura organica, ossidi e materiali ceramici, fibre, paste e dispersioni ad elevato contenuto di liquidi. I moderni sistemi di estrusione possono perciò rispondere ad esigenze applicative anche nei settori ceramico, alimentare e farmaceutico, oltre che nella ricerca e sviluppo di nuovi materiali e processi produttivi.
Da un punto di vista pratico l’estrusione avviene facendo passare il materiale allo stato fuso attraverso uno strumento chiamato matrice o trafila (die) che impartisce al prodotto la sua forma finale. Da un punto di vista operativo, i principali parametri che concorrono al successo del processo di estrusione sono:
- proprietà intrinseche del materiale, quali ad esempio viscosità, densità, proprietà di scorrimento e di impaccamento, proprietà termiche, proprietà morfologiche e dimensionali (nel caso di polveri o materiali granulati), presenza di eventuali cariche micro o nano-metriche;
- condizioni di processamento del materiale, quali ad esempio temperatura, velocità di rotazione della vite, verso di rotazione (negli estrusori bi-vite), pressione all’interno del cilindro, velocità di alimentazione, momento meccanico (torque), forma e dimensione della trafila utilizzata;
- parametri geometrici e morfologici del sistema vite-cilindro, quali ad esempio diametro e passo della vite, sezione del cilindro, distanza tra diametro esterno della vite e cilindro (flight clearance), rapporto tra diametro esterno ed interno della vite (Da/Di), rapporto tra lunghezza e diametro della vite (L/D), rapporto di compressione, presenza di elementi specifici per massimizzare lo sforzo di taglio o l’area di contatto tra il materiale processato e le pareti del cilindro.
I processi di estrusione possono essere suddivisi in due macrocategorie: a singola vite o a doppia vite.
Estrusione a singola vite (Single Screw Extrusion, SSE)
L’estrusione a singola vite sfrutta il principio della vite di Archimede per trasportare e comprimere materiali allo stato fuso all’interno di un cilindro ed è principalmente utilizzata per la produzione di prodotti finiti o semilavorati di forma diversa, a seconda del tipo di trafila (o matrice) utilizzata. Il processo industriale di estrusione a vite singola si sviluppa a partire dalla seconda metà del IX secolo con i primi macchinari muniti di riscaldamento, ma è con la fine della seconda guerra mondiale e con la diffusione su larga scala di prodotti termoplastici (su tutti polipropilene e polietilene) che il processo di estrusione diventa la tecnologia più utilizzata per la lavorazione di materie plastiche.
Oggi il processo di estrusione mono-vite è ampiamente utilizzato per la produzione di tubazioni, cavi, profilati, fogli e laminati per i più svariati settori applicativi.
In figura 1 sono riportati i componenti principali di un estrusore mono-vite:
- Il sistema di alimentazione, dove il materiale solitamente in forma di granuli (pellets) viene inserito all’interno della camera di estrusione mediante un processo continuo o discontinuo; la presenza di un sistema di raffreddamento si rende necessaria affinché il materiale entri all’interno dell’estrusore allo stato solido e si possa così avere un controllo accurato della velocità di alimentazione, tipicamente espressa in Kg/h.
- Il cilindro (barrel), tipicamente di sezione costante, all’interno del quale è alloggiata la vite e lungo le cui pareti il materiale processato viene continuamente sottoposto a uno sforzo di taglio.
- La vite, che presenta tipicamente un profilo a spessore crescente e tre zone distinte che hanno la funzione di trasportare (feed zone), comprimere (compression zone) e dosare (metering zone) il materiale all’interno del cilindro prima di giungere alla zona di estrusione vera e propria; ovviamente le dimensioni e le caratteristiche geometriche delle viti possono essere variate in funzione delle applicazioni richieste e della composizione dei materiali da processare.
- Il sistema di riscaldamento/raffreddamento, eventualmente suddiviso in zone controllabili in modo indipendente, che consente di realizzare il profilo termico desiderato all’interno del cilindro.
- La matrice o trafila (die), che rappresenta la parte finale dell’intero processo e impartisce la forma desiderata al materiale processato; nei sistemi più semplici tali matrici sono semplicemente delle trafile di forma e dimensione nota, ma possono essere equipaggiate con sensori di pressione e temperatura per un accurato monitoraggio del processo di estrusione, oltre che dotate di particolari opzioni per la caratterizzazione del materiale estruso (per esempio utilizzando matrici per reologia capillare).
Figura 1. Rappresentazione schematica delle componenti principali di un estrusore mono-vite
Figura 2. Sezioni geometriche di una tipica vite per SSE
Estrusione a doppia vite (Twin Screw Extrusion, TSE)
Gli estrusori bi-vite presentano gli stessi componenti principali degli estrusori mono-vite, ma a differenza di questi ultimi in cui il materiale allo stato fuso viene semplicemente trasportato e compresso, gli estrusori bi-vite consentono di realizzare una gamma molto più ampia di operazioni, quali processamento, miscelamento, dispersione, trasferimenti di massa e reazioni chimiche (come reticolazioni o formazione di schiume) volte alla fabbricazione di materiali avanzati per diversi settori applicativi, anche non tradizionalmente legati al mercato delle materie plastiche. Attraverso un processo di estrusione bi-vite è infatti possibile realizzare miscele polimeriche, film multicomponente per packaging, fibre e filamenti in materiali compositi, decking strutturali e laminati, componenti per il settore automotive, nanocompositi e materiali polimerici ad elevato contenuto di cariche, materiali ceramici, granulati farmaceutici, impianti biodegradabili, materiali ad elevato contenuto di liquidi per il settore alimentare (wet extrusion).
I criteri per la suddivisione delle principali tipologie di estrusori bi-vite sono:
- la direzione di rotazione della vite, che distingue gli estrusori co-rotanti (entrambe le viti ruotano nella stessa direzione) dagli estrusori contro-rotanti (le viti ruotano in direzione opposta);
- la geometria delle viti, che distingue gli estrusori a viti parallele dagli estrusori a viti coniche;
- il grado di interpenetrazione delle viti.
Figura 3. A) viti coniche assemblate su un estrusore Thermo-Haake MiniLab 3; B) viti parallele co-rotanti assemblate su un estrusore Thermo-Haake TSE24-MC
Esistono poi diverse combinazioni dei criteri sopraelencati in funzione della specifica applicazione richiesta: ad esempio viti interpenetrate sono generalmente utilizzate per trasportare e comprimere, viti non interpenetrate (o tangenziali) possono essere utilizzate per mescolare fluidi a bassa viscosità, viti coniche contro-rotanti vengono generalmente utilizzate per lavorare materiali sensibili alle alte temperature (come PVC), mentre viti parallele co-rotanti rappresentano generalmente la scelta più efficace per il processamento e la produzione di materiali complessi (miscele polimeriche, elastomeri, materiali compositi, reazioni chimiche in-situ, ecc).
Negli estrusori bi-vite di piccola e media dimensione (i.e. con produttività inferiori ai 100 kg/h) le viti non sono realizzate in un unico blocco di metallo, ma sono generalmente costituite da un albero a sezione esagonale o ottagonale, sul quale vengono assemblati degli elementi di dimensioni variabili che determinano le specifiche caratteristiche geometriche (e fluidodinamiche) delle corrispondenti zone all’interno del canale di estrusione. La possibilità di combinare elementi di trasporto, mixing, distribuzione, dispersione, transizione e scarica (discharge) contribuiscono in modo decisivo alla versatilità e all’efficacia degli estrusori bi-vite nel processamento di materiali complessi.
Alcuni dei processi realizzabili con estrusori bi-vite sono:
- fusione e plastificazione;
- mescolamento, compounding ed omogeneizzazione;
- produzione leghe polimeriche (polymer alloys);
- reazioni chimiche (polimerizzazione, reticolazione, formazione di schiume, ecc.);
- incorporazione di cariche come talco, carbonato di calcio, carbon black;
- incorporazione di agenti rinforzanti come fibre di carbonio, nanotubi di carbonio, fibre di vetro, argille nanostrutturate;
- dispersione di pigmenti;
- incorporazione di agenti plasticizzanti, ritardanti di fiamma, stabilizzatori UV;
- degassaggio;
- aumento della solubilità di ingredienti farmaceutici via hot melt extrusion;
- granulazione a secco o ad umido.
Figura 4. Rappresentazione schematica del meccanismo di mixing all’interno di un estrusore bi-vite con meccanismo co-rotante: il materiale segue un percorso a “8” mentre viene costantemente trasferito da una vite all’altra; il processo di mixing è il risultato dell’effetto combinato di temperatura, energia meccanica ed attrito che si genera tra il materiale, la coppia di viti e la parete del cilindro.