Il detector di viscosità più diffuso è quello dal design inventato da Dr. Max Haney, fondatore di Viscotek (ora parte della Malvern Instruments), e costituito da un ponte a 4 capillari. Il detector di viscosità consente una misura sensibie ed accurata della viscosità specifica del campione, dalla quale viene determinata la viscosità intrinseca IV (viscosità specifica estrapolata a diluizione infinita).
L’uso di un detector di viscosità in GPC/SEC ha numerosi vantaggi: calibrazione universale quando associato ad un detector di concentrazione, misura del raggio idrodinamico e del branching in triple detection.
Calibrazione universale
Il detector di viscosità consente di calibrare le colonne GPC/SEC con qualsiasi natura di standards, independentemente della struttura del campione da analizzare.
Raggio idrodinamico
Einstein ha dimostrato che la viscosità di una soluzione dipende dal raggio idrodinamico delle particelle in soluzione. L’equazione qui sotto relaziona la viscosità intrinseca, il peso molecolare ed il raggio idrodinamico:
Grazie alla triple detection, si misurano la viscosità intrinseca ed il peso molecolare e quindi si ottiene direttamente il raggio idrodinamico, parametro molto utile per polimeri o proteine (qui sotto l’esempio di BSA).
Branching
La misura della viscosità intrinseca e del peso molecolare assoluto, grazie alla triple detection, consente l’elaborazione del grafico di Mark-Houwink log (IV) vs. log (Mw).
Le variazioni di viscosità intrinsica ci informano sulle variazioni di struttura dei polimeri: variazioni lineari o variazione del branching, variazione di rigidità delle catene, etc. La misura della viscosità intrinseca è molto utile per capire ad esempio se un aumento di peso molecolare è dovuto ad un aumento della lunghezza delle catene o ad una ramificazione.