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Le dispersioni colloidali sono sistemi in cui particelle di piccole dimensioni, solitamente comprese tra 1 nanometro e 1 micrometro, sono distribuite uniformemente in un mezzo disperdente. Questo mezzo può essere liquido, solido o gassoso. Le particelle disperse, chiamate appunto colloidi, possono essere composte da molecole, atomi o aggregati più grandi. In questo contesto, le nanoparticelle rappresentano una specifica classe di materiale disperso, con dimensioni generalmente inferiori a 100 nanometri; esse possono essere di diversa natura come ad esempio metalliche, ceramiche o polimeriche.
Le dispersioni colloidali presentano proprietà uniche, la principale delle quali è sicuramente la capacità di rimanere stabili nel tempo, a differenza di altre miscele. La stabilità è spesso mantenuta grazie alla presenza di forze di repulsione (elettrostatiche) e attrazione (Van del Walls) tra le particelle colloidali e il mezzo disperdente, ma anche da forze entropiche, additivi di stabilizzazione sterica, tensione superficiale, etc. Tra le principali categorie di dispersioni colloidali troviamo:
Le loro caratteristiche fanno sì che questi sistemi siano trasversali a una moltitudine di settori industriali e applicativi. Possiamo citare come esempi comuni di dispersioni colloidali: il burro, il latte, la maionese, la schiuma da barba, il dentifricio, etc.
Le dispersioni colloidali possono essere prodotte attraverso diversi metodi, in base alla natura delle particelle e al mezzo disperdente coinvolto. Si distinguono due principali approcci:
Nello specifico, ecco alcuni dei principali metodi di produzione:
La scelta del metodo di produzione dipende generalmente dalla natura specifica delle particelle e dalla loro interazione con il mezzo disperdente.
Nel caratterizzare una dispersione colloidale è essenziale valutare diverse proprietà che influenzano la stabilità, il comportamento e le applicazioni. Il loro corretto monitoraggio e controllo è fondamentale nelle fasi di ricerca e sviluppo così come nel processo di produzione e controllo qualità.
Non è detto che la dimensione delle particelle sia la proprietà più importante ma è un fattore critico che influenza molte proprietà del sistema ed è sicuramente la prima caratteristica che viene in mente quando si pensa a questo genere di sistemi (e molto probabilmente comunque la ritroveremo sul podio). In generale, particelle più piccole tendono ad aumentare la stabilità della dispersione, nei sistemi di drug delivery la dimensione determina il comparto biologico che si è in grado di raggiungere così come in ambito alimentare può determinare le proprietà di texture di una crema o nella produzione di inchiostri influenzarne proprietà ottiche e uniformità della stampa.
Quando un raggio di luce attraversa una dispersione colloidale, contrariamente ad una soluzione, le particelle presenti hanno una dimensione in grado di diffondere la luce. Grazie a questa proprietà, la misura della dimensione media e della distribuzione dimensionale dei colloidi e nanoparticelle disperse in fase liquida può essere effettuata accuratamente con le tecniche Dynamic Light Scattering, Nanoparticle Tracking Analysis NTA e la Diffrazione Laser.
Seppur costituita da 2 fasi, per definizione una dispersione colloidale è stabile (oppure impiega un tempo relativamente molto lungo per destabilizzarsi). La stabilità di una dispersione è influenzata dalla resistenza alle forze di coagulazione o agglomerazione delle particelle e tra i vari metodi di controllo e modulazione c’è quello elettrostatico. Molti colloidi, infatti, presentano una carica dovuta alla chimica superficiale ma anche alle componenti della matrice di dispersione; diverse specie ioniche presenti in soluzione possono infatti essere adsorbite o coordinarsi attorno alla superficie del colloide. Questa carica influisce sulla repulsione o attrazione tra le particelle, determinando la stabilità colloidale (oltre che attribuire altre proprietà funzionali). Il potenziale zeta è una misura molto rapida della carica elettrica delle particelle nella dispersione e aiuta a prevederne il comportamento di aggregazione o dispersione in funzione di diverse condizioni.
La presenza di particelle in dispersione, per la loro posizione e orientamento reciproco, così come fenomeni di destabilizzazione o aggregazione, possono influire sulle proprietà reologiche del sistema, soprattutto se si tratta di una dispersione concentrata. La reologia studia il comportamento meccanico del sistema, come la viscosità, l’elasticità e la fluidità. Ottimizzare la reologia di tali sistemi, controllando proprietà quali lo zero shear, lo yield stress, la tissotropia o ancora la resistenza al creep, etc., con i reometri della serie HAAKE ad esempio, consente di comprendere e gestire le proprietà visco-elastiche delle dispersioni colloidali.
Nanoparticelle e colloidi in dispersione sono spesso utilizzati in sistemi più complessi, ad esempio in matrici biologiche o ambientali, o in presenza di vari additivi che conferiscono alla dispersione le proprietà attese. L’analisi di tali sistemi complessi può richiedere la separazione dei colloidi o nanoparticelle dal mezzo complesso, e questo può facilmente essere effettuato grazie alla tecnica FFF, una tecnica di separazione senza fase stazionaria che consente inoltre la caratterizzazione delle particelle con avanzati detectors (UV, MALS, DLS, ICP-MS, RI, Fluorescenza etc.) o di separarle e raccoglierle in diverse frazioni per ulteriori studi.
Dispersioni colloidali o di nanoparticelle possono fungere da “precursore” per la generazione di film sottili. La linea di strumenti KSV NIMA proposta da Biolin è dedicata alla fabbricazione e alla caratterizzazione di film sottili, grazie all’utilizzo di strumenti che permettono di utilizzare tecniche come Langmuir e Langmuir-Blodgett, Brewster Angle Microscopy (BAM) e Dip Coating per la creazione, ad esempio, di rivestimenti funzionali con nanoparticelle.
Se la dispersione deve essere utilizzata in combinazione con altri materiali, è importante valutarne la compatibilità chimica e fisica, o studiarne le specifiche interazioni. Con gli strumenti QSense basati sulla tecnica Quartz Crystal MicroBalance – QCM è possibile studiare il comportamento di dispersioni rispetto alla loro combinazione con superfici specifiche.
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In Alfatest dedichiamo particolare attenzione alla formazione dei nostri tecnici, perché consideriamo l’elevato livello professionale del nostro personale un vero “PLUS” da mettere a disposizione dei clienti. I nostri tecnici sono altamente qualificati, grazie a costanti aggiornamenti e ad annuali corsi di aggiornamento all’estero presso le aziende che distribuiamo. Ogni anno devono superare specifici test per ottenere la certificazione che li autorizza ad eseguire i test e rilasciare la certificazione “OQ”. Sono specializzati in specifiche tecniche per garantire la loro efficienza nella diagnostica, l’intervento tecnico ma anche la messa a punto di metodi ed il supporto ai ns. clienti. La squadra di tecnici si divide tra Nord Italia e Sud Italia, muovendosi rispettivamente dai ns. uffici di Cernusco sul Naviglio (MI) e di Roma per garantire dei tempi d’intervento minimi, anche per le regioni del Sud e le Isole