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Degradazione indotta dalla temperatura delle celle solari in Perovskite

La scarsa stabilità delle celle solari in perovskite è uno svantaggio che attualmente impedisce la loro commercializzazione. Prove di riscaldamento in situ in un microscopio elettronico a trasmissione sono un valido strumento per comprendere i processi su scala micro e nanometrica correlati alla degradazione delle prestazioni. In questo studio sono stati prodotti diversi dispositivi tramite 4 approcci presenti in letteratura  per poi caratterizzarne le performance fotovoltaiche in riscaldamento nel loro intervallo operativo.

Degradazione indotta dalla temperatura delle celle solari in Perovskite

La scarsa stabilità delle celle solari in perovskite è uno svantaggio che attualmente impedisce la loro commercializzazione. Prove di riscaldamento in situ in un microscopio elettronico a trasmissione sono un valido strumento per comprendere i processi su scala micro e nanometrica correlati alla degradazione delle prestazioni. In questo studio sono stati prodotti diversi dispositivi tramite 4 approcci presenti in letteratura  per poi caratterizzarne le performance fotovoltaiche in riscaldamento nel loro intervallo operativo. I dispositivi sono stati poi analizzati utilizzando la microscopia elettrica a trasmissione mentre venivano ulteriormente riscaldati in situ per monitorare i cambiamenti nella morfologia e la composizione chimica utilizzando  la mappatura elementare a raggi X a dispersione di energia (EDX). Gli autori identificano i meccanismi alla base dei cambiamenti strutturali e chimici locali come la migrazione di iodio e piombo che possono essere correlati alle condizioni di sintesi.

Risultati

In questo esperimento le celle solari in perovskite sono prodotte utilizzando 4 approcci differenti (Campione A – conversione a due step sotto vuoto, B – conversione a due step in glovebox, C – conversione a due step in aria, D – conversione a singolo step in glovebox) e preparate per il riscaldamento in situ con TEM  utilizzando un fascio di ioni focalizzato (FEI Helios Nanolab).

I campioni sono riscaldati a temperature crescenti per 30 minuti per step, seguito da un raffreddamento di 50°C per permettere di bloccare il processo di degradazione (immagine 1). Dopo ogni fase di riscaldamento vengono acquisite mappe EDX. I dati EDX vengono quindi sottoposti ad una rimozione del rumore utilizzando un’analisi multivariata per migliorare il rapporto segnale/rumore.

Le dinamiche di degradazione sono diverse tra i campioni (immagine 2), dove i campioni A, B e D subiscono una migrazione degli elementi piombo e iodio dallo strato di perovskite e la loro successiva aggregazione in particelle, che inizialmente appaiono vicino all’interfaccia tra lo scaffold di ossido di titanio e l’FTO e poi migrano sulla superficie della lamella.

Nel caso del campione C, che è stato esposto all’aria durante la conversione della perovskite, questa aggregazione non è osservabile; invece, la mappatura elementare (immagine 3) mostra che lo iodio e il piombo si infiltrano dai fori nello strato di trasporto, diffondendosi verso l’elettrodo metallico della cella.

In questo lavoro, l’accuratezza e la rapidità di risposta dei chio riscaldati basati su MEMS sono stati fondamentali per isolare lo stress termico dalla fase di analisi.

Immagine 1. Rampa termica applicata ai campioni

Immagine 2. Variazioni del segnale HAADF all’interfaccia perovskite/HTL e corrispondenti mappe elementari per Pb e I dopo il riscaldamento del campione C a diverse temperature.

Immagine 3. Confronto dei quattro campioni dopo il riscaldamento a diverse temperature. Il degrado visibile dello strato di perovskite ha origine dall’interfaccia perovskite/TiO2; particelle luminose compaiono in A, B e D, mentre nel campione C è visibile solo una decomposizione dello strato di perovskite

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