Introduzione
L’acido poliattico (PLA) è oggi il polimero biodegradabile più diffuso sul mercato grazie alla sua facile reperibilità e ai bassi costi di produzione. L’acido polilattico viene spesso associato con acido glicolico per formare l’acido poli(lattico-co-glicolico o PLGA con percentuali variabili di acido polilattico e acido glicolico. Molto versatile, viene utilizzato in un ampio range di applicazioni, dall’additive manufacturing (stampa 3D), alle posate usa e getta, suture biodegradabili, somministrazione di farmaci o packaging biodegradabili.
È ampiamente riconosciuto che le proprietà finali dei prodotti polimerici dipendono dalle loro proprietà molecolari. Più comunemente, si assume che il fattore determinante della forza di un polimero sia il suo peso molecolare. Tuttavia, nei copolimeri come il PLGA, è probabile che anche la composizione del copolimero influenzi fortemente tale proprietà.
Qui descriviamo l’utilizzo di due tecnologie per analizzare la relazione tra peso molecolare e viscosità: il multi-detector GPC viene impiegato per misurare il peso molecolare e la viscosità intrinseca (che dipende dalla composizione dei polimeri), mentre la reologia rotazionale viene utilizzata per determinare la viscosità del fuso polimerico (o viscosità del polimero fuso).
Metodo
Sono stati analizzati sei campioni di PLA e PLGA disponibili sul mercato:
- PLA
- PLGA con il 75% di PLA (acido polilattico) e 25% di GA (acido glicolico)
- PLGA con il 65% di PLA (acido polilattico) e 35% di GA (acido glicolico)
Tre campioni di PLGA con il 50% di PLA e 50% GA (PLGA (50:50)) con tre diversi pesi molecolari
Il sistema GPC usato è l’OmniSEC della Malvern Panalytical equipaggiato con 2 detector di light scattering (right-angle light scattering RALS e low-angle light scattering LALS), detector d’indice di rifrazione (RI), e viscosimetro.
Per la reologia rotazionale, i campioni sono stati analizzati a 150°C con il reometro Kinexus Ultra+ della Malvern Panalytical sotto atmosfera di azoto per evitare la degradazione dei polimeri.
Risultati
Sono stati effettuati due esperimenti: nel primo esperimento, i tre campioni di PLGA (50:50) sono stati analizzati con il multi-detector GPC e con il reometro rotazionale. La figura 1 mostra un cromatogramma rappresentativo del campione PLGA (50:50) 2.
Figura 1: Cromatogramma del campione PLGA (50:50) 2. La figura mostra il segnale del detector d’indice di rifrazione (RI) in rosso, del light scattering (verde e nero) e del viscosimetro (blu).
Tabella 1: Dati della misura di peso molecolare dei tre campioni di PLGA (50:50) nel primo esperimento.
La tabella 1 riepiloga i risultati ottenuti dall’analisi GPC dei tre campioni di PLGA (50:50), misurati in duplicato. Come è possibile vedere, ci sono significative differenze nel peso molecolare dei tre campioni, che va da 11 KDa a 69 KDa.
Di seguito è stato utilizzato il reometro rotazionale Kinexus della Malvern Panalytical, per misurare la viscosità del fuso polimerico a zero shear rate: come evidenziato nella figura 2, come ci si può aspettare le curve di viscosità sono coerenti con il peso molecolare dei tre campioni. Il campione 1 presenta il minore peso molecolare e la più bassa viscosità, mentre i campioni 2 e 3 hanno un maggiore peso molecolare e dunque una più alta viscosità, comportamento tipico conforme alle ns. aspettative.
Figura 2: Dati di viscosità dei tre campioni di PLGA (50:50), il campione 1 in rosso, campione 2 in verde e il campione 3 in blu.
Successivamente è stato eseguito uno studio sui campioni di PLA con tre diversi proporzioni di copolimeri, ovvero PLGA (65:25), PLGA (75:25) e PLGA (50:50) 2 proveniente dal primo gruppo di campioni analizzati. I dati di peso molecolare sono riassunti nella tabella 2: i pesi molecolari dei campioni variano tra 11 KDa e 64 KDa.
Tabella 2: Dati della misura di peso molecolare per i quattro campioni di PLA e PLGA nel secondo esperimento.
Poiché questi campioni hanno composizioni differenti, le loro strutture si differenziano in un grafico di Mark-Houwink, ovvero il grafico che riporta la viscosità intrinseca in funzione del peso molecolare.
Il grafico di Mark-Houwink consente il confronto tra la struttura di polimeri in un range di pesi molecolari. Comunemente viene usato per quantificare la ramificazione dei polimeri ma consente anche di rilevare le differenze tra molecole lineari con composizioni differenti, come PLA e copolimeri di PLGA. La figura 3 mostra il grafico di Mark Houwink per i quattro campioni, misurati in duplicato.
Figura 3: Grafico di Mark-Houwink per i quattro campioni di PLA e PLGA.
Come evidenzia la figura 3 ogni polimero possiede una propria linea sul grafico Mark Houwink, che rappresenta la conformazione, o la densità della molecola in soluzione. Il grafico mostra che l’acido polilattico è il più disteso dei campioni. Con l’aumentare del contenuto di acido glicolico, i polimeri di PLGA diventano sempre più densi in soluzione.
La viscosità intrinseca è una misura del contributo di un campione alla viscosità della soluzione, perciò potrebbe non esserci una correlazione con la viscosità del polimero fuso misurata con il reometro, ma il grafico di Mark-Houwink mostra un chiaro trend della conformazione in funzione del contenuto in acido glicolico.
La figura 4 mostra invece i dati dell’analisi reologica dei quattro campioni.
Figura 4 Misure reologiche per i quattro campioni di PLA in nero, PLGA (75:25) in blu, PLGA (63:35) in verde e PLGA (50:50) in rosso.
Come possiamo vedere nei dati, c’è una chiara tendenza nelle misure di viscosità che però non risulta essere correlata al peso molecolare. Mentre il campione di PLA possiede il più basso peso molecolare e la minor viscosità, il campione con più alto peso molecolare è la PLGA (75:25) che possiede il secondo più basso valore di viscosità. Il campione di PLGA (50:50) presenta la maggiore viscosità, sebbene abbia il secondo valore più alto in termini di peso molecolare.
Il trend, in questo caso, appare essere legato alla proporzione di acido glicolico: il campione con più alta proporzione di acido glicolico presenta una maggiore viscosità mentre quello con la minor proporzione di acido glicolico (campione di PLA) mostra una minore viscosità.
È evidente che la viscosità del fuso polimerico dipenda da entrambi i parametri (peso molecolare e composizione) ma in questo caso sembra prevalere sulla relazione globale la correlazione tra contenuto in acido glicolico e viscosità.
È notevole il fatto che il campione con una minore viscosità intrinseca nel grafico Mark-Houwink dimostri la più alta viscosità nei dati reologici. È un risultato opposto a quello che ci si aspetterebbe, che tuttavia presenta una spiegazione. Poiché le molecole nel campione di PLGA (50:50) sono organizzate in modo più compatto e denso, le catene del polimero hanno meno volume a disposizione per movimenti di reptazione o per riorganizzarsi. Ciò aumenta quindi la loro resistenza al flusso e successivamente la loro viscosità allo stato fuso.
Conclusioni
I dati presenti mostrano come l’utilizzo di tecnologie complementari di caratterizzazione consentano una migliore comprensione del comportamento di polimeri come il PLA e la PLGA. Mentre è ampiamente riconosciuto che le proprietà di bulk dei polimeri (come la viscosità del fuso polimerico) sono fortemente connesse alle proprietà molecolari (come il peso molecolare), altri fattori come la composizione dei copolimeri possono risultare significanti.
In quest’analisi, il multi-detector GPC è stato usato per caratterizzare il peso molecolare di una serie di campioni di PLA e PLGA, mentre la reologia rotazionale è stata usata per studiare la viscosità del polimero fuso. È stata osservata una chiara correlazione con il peso molecolare per campioni di PLGA di stessa composizione, invece nel caso in cui varia anche la composizione del copolimero è stata osservata una forte correlazione con le proporzioni di acido glicolico.
Controllando questi parametri con tecniche complementari diventa possibile produrre dei polimeri con multi-proprietà per specifiche esigenze. Ad esempio, si potrebbe scegliere un copolimero di PLGA per un’applicazione di drug delivery con una viscosità di fusione adatta alla lavorazione (molding) e una velocità di degradazione che consenta un ottimo rilascio controllato del farmaco. Con questo approccio diventa possibile produrre prodotti con un migliore controllo delle caratteristiche aumentandone il valore e riducendo così il rischio di insuccessi.