09 Settembre 2020
La produzione e l'utilizzo del cemento sono interessanti, in quanto le operazioni di sminuzzamento e agglomerazione vengono eseguite non una ma ben due volte. Vengono tagliati, frantumati e macinati dei blocchi di calcare, prima di essere uniti in un forno rotante per produrre sfere di clinker. Il clinker viene quindi nuovamente macinato e, con l’aggiunta di altri materiali (come il gesso), si ottiene il cemento in polvere. Questo cemento in polvere viene quindi usato per creare blocchi di materiale più grandi. Verrebbe da chiedersi perché non utilizzare da subito i blocchi di calcare? Ebbene, in molti casi è stato fatto. La Grande Piramide di Giza è fatta di blocchi di pietra calcarea, così come molti degli edifici a Kingston, in Ontario (Canada), soprannominata infatti "Limestone City” (città di calcare). Tuttavia, la comodità di lavorazione e manipolazione della polvere, nonché la capacità di creare forme complesse, colori e strutture ottimizzati, mediante quello che è di fatto un processo di produzione additiva, rendono il cemento e il calcestruzzo molto più utili e versatili.
Tuttavia, la lavorazione delle polveri presenta degli svantaggi: la dimensione e la forma delle particelle, o meglio la distribuzione granulometrica e morfologica, sono fondamentali per la produzione di un prodotto finito robusto, sia che si tratti di un blocco di cemento sia di un piatto o una tazza nel settore ceramico. Per queste applicazioni la presenza di particelle agglomerate può essere problematica in quanto tendono a produrre spazi vuoti all’interno della struttura, fonte di punti deboli da cui può iniziare la propagazione delle cricche (Griffith 1921).
L'equazione di Griffith è importante per spiegare la meccanica delle fratture di questi sistemi e mostra come i materiali cedano molto prima di quanto lasci prevedere la loro resistenza alla trazione, a causa della presenza di difetti microscopici simili a quelli illustrati in Figura 1. Ciò può essere spiegato dalla considerazione termodinamica della sollecitazione richiesta per formare una nuova superficie:
dove σc è la sollecitazione critica richiesta per la frattura, E è il modulo di Young, γ è la densità di energia superficiale e 2a è la lunghezza della cricca o fessura.
Figura 1: Il disegno mostra lo spessore di un campione con una fessura a forma di lente di lunghezza 2a sottoposta a uno sforzo di trazione
Esiste inoltre un altro problema fondamentale: le polveri costituite da particelle primarie di piccole dimensioni (<100 nm) tendono ad aggregare rapidamente. Infatti il limite granulometrico di una macinazione a secco è di circa 0,5 - 1 µm, poiché le particelle più piccole si riagglomerano dopo la rottura e tendono anche a flettersi (deformarsi plasticamente) piuttosto che rompersi (Rahaman 2003). Utilizzando i criteri di Griffith, Kendall ha elaborato nel 1978 un'equazione per indicare il diametro critico delle particelle (dc) al di sotto del quale l’ulteriore macinazione è considerata impossibile tramite forze di compressione.
Per un campione di calcite dove E ≈ 72 GPa, γ ≈ 0,347 Jm-2 e σc ≈ 100 MPa il valore calcolato per dc è di circa 1 μm.
Nella ricerca di materiali ad alte prestazioni, l'obiettivo è spesso quello di ottenere un prodotto con elevata resistenza e, in termini generali, ciò si ottiene utilizzando un materiale che presenti le seguenti proprietà:
Esiste anche una dipendenza tra la resistenza e la forma delle particelle, i materiali filiformi possiedono una maggiore resistenza alla flessione rispetto a particelle a forma discoidale e ai cristalli. Si comprende così l'importanza della fibra di carbonio e dei nanotubi di carbonio. C'è poi la sfida di costruirli con una dimensione delle particelle primarie la più piccola possibile ma non troppo piccola. La congettura di Hall-Petch (Hall 1951, Petch 1953) spiega che è possibile aumentare la resistenza diminuendo la dimensione primaria delle particelle, ma al di sotto di una dimensione limite le dimensioni delle dislocazioni iniziano ad avvicinarsi alla dimensione delle particelle. A una dimensione della particella di circa 10 nm forse solo una o due dislocazioni possono adattarsi al suo interno. Da un punto di vista applicativo si può guardare sia il materiale stesso che gli spazi intermedi. Molte proprietà del materiale sono influenzate dall’ impaccamento (o impacchettamento) ottimale tra le particelle. Tra queste si possono elencare:
La comprensione dei fenomemi di impaccamento tra le particelle ha impegnato i teorici sin dal 1500 (impilamento delle palle di cannone sul ponte di una nave). È bene esaminare il problema per fasi. È ovvio che alcune forme, come cubi, carte, mattoni, possono essere impaccate nelle 3 dimensioni senza che rimanga alcuno spazio vuoto. Da un punto di vista economico, un esempio è rappresentato dalle stive di aerei o navi che, solo parzialmente piene, possono costare denaro ai proprietari e una soluzione adottata a livello internazionale è stata la standardizzazione di contenitori e pallet per consentire loro di adattarsi o impilarsi ordinatamente uno accanto all'altro occupando tutto lo spazio disponibile nelle 3 dimensioni.
In 2-D esistono alcune geometrie di impaccamento interessanti come la Tassellatura di Penrose, mentre in uno spazio tridimensionale possiamo considerare il caso dei quasi-cristalli, ma è davvero difficile visualizzare l’impaccamento in 3-D quindi dobbiamo analizzarlo gradualmente per fasi per ottenere maggiori informazioni.
Tabella 1: Effetto della distribuzione granulometrica di particelle sferiche disperse casualmente sulla massima densità di impaccamento (A V Shenoy "Rheology of Filled Polymer Systems" Springer pagina 268 (1999)
Figura 2: densità di impaccamento (f) per una miscela bimodale di particelle di dimensioni piccole e grandi (Fundamentals of Refractory Technology; James P.Bennett & Jeffery D. Smith, Ceramic Transactions, Volume 25, 2001 (American Chemical Society)
Da un punto di vista pratico, Dinger mette in evidenza le distribuzioni granulometriche ottimali per una distribuzione dimensionale delle particelle continua, utilizzando l'equazione Dinger-Funk qui di seguito.
Dove, CPFT è la percentuale cumulativa in volume più piccola di, D è la dimensione delle particelle, DS la dimensione minima delle particelle e DL la dimensione delle particelle più grandi. L'esponente n è un coefficiente di distribuzione e fornisce un'indicazione della quantità di materiale fine e grossolano che può essere inserito in un volume.
L'impaccamento più denso si ottiene con la cosiddetta distribuzione "Fuller". Questa distribuzione teorica consiste in diverse frazioni di distribuzioni monodimensionali di particelle, le cui dimensioni e quantità sono appena sufficienti a riempire i vuoti che si sviluppano tra le particelle della frazione successiva più grande. Il cosiddetto Impacchettamento Apolliniano (esagonale) di particelle sferiche ne è un esempio. In termini di forme irregolari, le miscele teoriche di particelle sferiche e allungate sono state studiate dal già citato Kyrylyuk (2001). Anche nel settore delle costruzioni stradali ci sono applicazioni pratiche in cui viene mostrato lo stesso mix ottimale per aggregati grossolani e fini, che ricordano i primi lavori di Furnas (1931).
Quindi, in conclusione, si è analizzata la combinazione teorica teoria per particelle di forme (invariabilmente sferiche) e dimensioni note (mono e polidisperse) indirizzata verso le applicazioni pratiche per miscele di particelle di forme e dimensioni differenti. Citando la USP <766>, lo standard farmaceutico per la microscopia ottica: "Per particelle di forma irregolare, la caratterizzazione della dimensione delle particelle deve anche includere informazioni sulla forma delle particelle".